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Generazione Futuro - Aprile 2023

Dove le radici si intrecciano con la passione: la storia di Emiliano

Questo mese vi porto al di fuori del Cadore per raccontarvi una storia di professionalità, ma soprattutto per raccontarvi una persona con forti radici territoriali e uno spiccato senso di gratitudine. Emiliano Faoro Svaluto Moreolo è un ventisettenne originario di Grea, piccola frazione di Domegge, che da anni porta in alto il nome della nostra terra tra i ristoranti più quotati d’Italia grazie alla passione della sua vita: il vino.

Una passione ereditata dal papà fin dall’adolescenza, quando sceglie di frequentare l’Istituto alberghiero di Longarone: “Già a quell’età avevo le idee chiare. Sapevo che mi sarei orientato nel lavoro di sala e in particolare sul ruolo del sommelier. A stimolarmi ulteriormente sono stati alcuni insegnanti come le Prof.ssa Marisa dei Pra, Angela Rech e il mio primo maestro di cucina Gianluigi Sandi. Oltre a loro ricordo sempre la professoressa di inglese Adelia Zanella a cui devo la mia conoscenza linguistica dell’ambito e la docente di alimentazione, Sonia Della Santa, che mi ha spronato più volte a continuare dopo il diploma iscrivendomi all’Università, una tentazione a cui non ho ceduto” mi confessa scherzando. Già a sedici anni Emiliano si iscrive all’AIS di Belluno (Associazione Italiana Sommelier) per frequentare i suoi corsi, un’età così precoce da necessitare persino della “delega da parte dei genitori per la degustazione”. Trascorre gli ultimi tre anni delle scuole superiori tra corsi di formazione e i primi lavori stagionali, una combinazione che lo formerà in modo solido per i passi successivi. Mi colpisce fin da subito il suo grande senso di gratitudine e ammirazione verso le persone che ha incontrato nella vita professionale, come anche la voglia di ricordali tutti con precisione e affetto. E’ così che mi fa il nome della famiglia Martini del Rif. Berti, i primi storici datori di lavoro da cui ha imparato la difficoltà della ristorazione in alta quota e il sapore della fatica del lavorare in un rifugio alpino; mi racconta poi della sua esperienza al Tivoli di Cortina, il primo ristorante stellato in cui abbia prestato servizio, e nel farlo mi cita Graziano, la moglie Maridilla e uno dei suoi primi mentori, Kristian Casanova; da ultimo il ricordo dell’esperienza al ristorante Da Aurelio al Passo Giau e degli insegnamenti della storica cameriera di sala, Annalisa Frena, da cui dice : “Da lei ho imparato a conoscere e leggere il cliente!”. Ma siamo solo all’inizio di un percorso lavorativo promettente che vede nell’iscrizione alla rinomata scuola enogastronomica Alma di Parma il punto di svolta.

“Dopo il diploma per indole mi sarei fermato, ma è stato ancora una volta papà a spronarmi a sognare in grande. Sono stato ammesso al Master Sommelier Alma AIS” di cui (lui non me ne fa menzione) è il primo bellunese ad aver mai conseguito il titolo. “Lì ho imparato a fondo cosa significa la gestione della carta dei vini, della cantina e grazie alle uscite didattiche ho conosciuto la realtà della vigna”. Mesi impegnativi in cui il giovane cadorino si spostava settimanalmente da casa al territorio emiliano per le lezioni, un periodo in cui “I miei genitori mi hanno moralmente ed economicamente supportato un sacco”, fino al novembre 2015 quando si realizza l’inaspettato. “Stavo ancora frequentando il Master quando mi ha telefonato l’allora responsabile della parte vino di Alma dicendomi che l'Osteria Francescana di Modena cercava una figura di sala per un mese data l’assenza di un loro dipendente. Si trattava di un ristorante tre stelle Michelin che in quell’anno si era piazzato secondo nella classifica Best 50 al mondo. Un’occasione che non potevo lasciarmi sfuggire”. Opportunità che Emiliano ha concretizzato: dopo un breve periodo di stage ha siglato un sodalizio con il locale durato cinque anni, un lasso di tempo in cui ha conosciuto alcuni tra i maggiori professionisti della cucina e respirato aria internazionale con la cospicua clientela straniera in un percorso professionale ricco di stimoli e culminato nel 2016 con la nomina dell’Osteria Francescana a miglior ristorante nella classifica Best 50. Della giovane brigata ricorda in particolare Beppe Palmieri (Restaurant Manager e uomo che lo ha voluto in Francescana), Massimo Bottura (lo Chef Patron) e soprattutto il suo mentore, Denis Bretta, Maître di sala e un vero magister elegantiae da cui ha ereditato nozioni e l’arte del savoir faire. Da qualche anno Emiliano si è spostato in Piemonte per seguire la propria fidanzata mettendo le radici in una terra dalla storica tradizione vinicola, la Langa, dove ha prima lavorato alla Madernassa e ora finalmente sta dando forma alla sua figura di sommelier nel nuovo ristorante gourmet Rei Natura del Boscaretto Resort Spa a Serralunga d’Alba, un progetto che vede nello Chef Michelangelo Mammoliti e nella famiglia Dogliani i principali promotori e la cui apertura è prevista nei mesi a venire.

“Assieme al capo sommelier Alessandro Tupputi mi sto dedicando alla creazione della carta dei vini, il che presuppone una conoscenza diretta dei produttori e dei distributori, un’accurata selezione e l’allestimento della propria cantina cercando di dare spazio da un lato ai vini locali, in particolare al Barolo di cui Alba è vetrina, e dall’altra a proposte diverse che nascono dal mio vissuto e dalle mie origini montane, come i vini austriaci e sudtirolesi. Un lavoro di anni”. Alla domanda su cosa significhi per lui il vino, Emiliano mi risponde: “Una bottiglia è come un libro che parla di terra, di fatica, di impegno e di radici. È un po’ che ci rifletto e ho l’impressione che questo mi rimandi inconsciamente alla mia terra natale a cui rimango molto legato e verso cui nutro nostalgia e quasi un piccolo senso di colpa per non poter dare il mio contributo. Come la vite ha radici profonde anche io sento questo legame dentro di me”, un sentimento che involontariamente mi conferma quando parlando si definisce sì veneto, sì bellunese ma soprattutto cadorino. Questo spostarsi e conoscere persone nuove, permette a Emiliano di vedere le cose con occhio esterno e imparziale, lo stesso con cui esprime il suo giudizio sul Cadore: “Il nostro è un territorio eccezionale che sta vivendo un periodo di transizione. Per certi versi mi ricorda la provincia di Biella da cui proviene la mia ragazza. Anche lì l’industria (quella della lana) su cui si era molto puntato ha avuto nei decenni passati un contraccolpo per cui il biellese ha passato periodi difficili. Ora, soprattutto i giovani, stanno reinventando una terra di montagna diversificando nelle attività e quella del vitigno è una strada che stanno percorrendo in molti. Forse anche nel bellunese dovremmo volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti”. Una considerazione fatta con il cuore da parte di un giovane che tanto tiene alle sue radici e al quale auguro il massimo dal futuro.


Per Consulta Giovani Cadore Elena Quariglio




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