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Generazione Futuro - Marzo 2022

Aggiornamento: 16 mag 2022

L’alta cucina di Parigi parla cadorino - Intervista ad Alessandra del Favero


Tra i vari aspetti per cui l’Italia è apprezzata nel mondo spicca senz’altro la cucina, un’arte che Alessandra Del Favero, giovane chef di San Vito di Cadore, esporta all’estero a livelli di eccellenza. Questa sua passione nasce da lontano e più precisamente quando da bambina condivideva il proprio tempo con il papà nella cucina dell’albergo di famiglia, Hotel Villa Trieste.

Un amore che non ha abbandonato negli anni del liceo e nel suo periodo da sciatrice agonistica prima e di maestra di sci più tardi. “Ad un certo punto ho sentito la necessità di nuovi stimoli: con lo sci avevo già realizzato i miei progetti e non avevo ulteriori obiettivi, ma io amo le sfide”. Racconta Alessandra: “Nonostante gli impegni continuavo a dedicarmi all’albergo, soprattutto aiutando per la cena in cucina, il mio habitat naturale. Così ho deciso di cambiare vita e seguire questa mia passione di vecchia data”. Forte di questa convinzione Alessandra ha frequentato per oltre un anno l’Alma, rinomata scuola di cucina dello chef Gualtiero Marchesi, e ha proseguito la propria esperienza al ristorante stellato Da Vittorio a Bergamo di cui ricorda: “Lo stage al Da Vittorio mi è servito molto: ho approfondito le conoscenze del mio mestiere, ho stretto solidi legami professionali che mi hanno portato dove sono ora…e ho conosciuto il mio compagno Oliver”. Dopo la parentesi bergamasca Alessandra ritorna con Oliver in Cadore e assieme aprono a San Vito il ristorante AGA, dove propongono una cucina dalle radici cadorine ma dal tocco raffinato, personale e innovativo, tanto da valere loro il massimo riconoscimento per uno chef: la stella Michelin. Un esperimento quindi riuscito, anche sul versante della clientela poiché la loro cucina ha soddisfatto i gusti e le aspettative di turisti, soprattutto stranieri, e anche dei locali.

Alessandra ci confessa sorridendo: “All’inizio forse c’era una sottile aria di diffidenza per una proposta culinaria decisamente diversa dal solito, ma con i mesi ho visto arrivare diversi compaesani, alle volte anche persone di una certa età, che sono stati piacevolmente sorpresi…e tornavano periodicamente a trovarci”. Ma la voglia di nuove sfide non ha abbandonato Alessandra e Oliver e nell’autunno del 2019 la loro vita professionale prende una nuova piega. “Avevamo ricevuto la proposta di trasferire AGA a New York. Avevamo già chiuso il locale a San Vito e le valigie erano pronte per la partenza. Obiettivo: aprire il nostro ristorante nella primavera 2020 in un quartiere della Grande Mela.

L’imperversare di questo virus sconosciuto (allora ancora non si parlava di COVID) aveva però rallentato la chiusura di alcuni contratti; così il progetto aveva subito un brusco rallentamento e noi eravamo in stallo. Ho raccontato al mio maestro e mentore di Bergamo la nostra situazione e ci ha proposto subito di tornare da lui al Da Vittorio dove nuovi progetti, è il caso di dirlo, bollivano in pentola. Così da un’opportunità che sfumava ne abbiamo colta un’altra al volo”. A Bergamo Alessandra e Oliver si trovano nel mezzo della pandemia e della prima terribile ondata. Un momento in cui hanno lavorato con il delivery e anche nelle mense degli alpini con cui il ristorante collaborava. Un’esperienza che Alessandra definisce emotivamente forte. “Con l’assestarsi della situazione sanitaria ha preso forma la nuova proposta: lavorare come chef a Parigi in un rinomato locale con cui la famiglia Cerea del Da Vittorio aveva stretto da poco una collaborazione. Oliver e io abbiamo accettato subito e siamo partiti alla volta della Francia”. Oggi i due giovani lavorano a capo della brigata di chef de Il Carpaccio, storico ristorante di cucina italiana della ville lumière presso l’Hotel Le Royal Monceau Raffles e il primo ad aver ricevuto a Parigi la stella Michelin.

Qui Alessandra e Oliver tengono in alto il buon nome della cucina italiana, lui ai primi piatti e lei ai secondi, e continuano a collezionare titoli e riconoscimenti, non ultimo quello della stimata guida enogastronomica Il Gambero Rosso che li ha designati tra i migliori ristoranti di cucina italiana all’estero. Risultati che sottendono però uno sforzo non da poco come ci dice Alessandra: “Quello dello chef è un lavoro impegnativo, fatto di momenti a intensità elevata e dai ritmi talvolta estenuanti oltre che di sacrifici. Il segreto è portarlo avanti con passione ed entusiasmo”. Le chiediamo cosa significhi essere uno chef donna al giorno d’oggi e ci risponde: “In generale il settore è diventato decisamente più aperto e inclusivo. Comunque sia ho ancora la sensazione che come donna si debba dimostrare sempre qualcosa di più di un collega uomo per raggiungere certi riconoscimenti, ma con la tempra e l’impegno si superano queste convenzioni oramai antiquate”. Cosa hai portato con te del Cadore dal punto di vista professionale? “L’utilizzo delle erbe è un aspetto che mi porto dietro ancora dai tempi dell’albergo. A casa avevamo un orto e mi piaceva un sacco raccogliere ortaggi ed erbe per preparare al meglio i piatti. Ho coltivato questo interesse nel tempo e da quando siamo a Parigi sto mantenendo i contatti con un botanico esperto di Padova che mi invia dal proprio vivaio le sementi di ogni sorta di erba aromatica, tutte certificate e idonee per l’uso culinario. L’obiettivo è quello di seminarle e creare un giardino di erbe aromatiche ad uso esclusivo del ristorante”. Hai fatto molte esperienze ma cosa hai imparato di più dal tuo lavoro? “Il tempo mi ha insegnato che se i clienti non apprezzano la mia cucina non è un loro demerito, ma è colpa mia. Adattarsi alle esigenze e ai gusti dell’ospite è il punto di partenza, non viceversa, e partendo dalle aspettative del cliente si può provare a variare magari innovando. Questa è la mia mentalità”. E sui progetti per il futuro Alessandra non ha fretta: “Mio padre mi ha sempre detto che da ogni viaggio si porta a casa qualcosa e questa mia avventura a Parigi è solo agli albori, per cui ha ancora molto da darmi. Comunque sia nelle scelte, anche le più cruciali, cerco di assecondare gli stati d’animo e le sensazioni, ma su alcune cose ho un’idea chiara: accumulare più esperienze possibili e dare il mio contributo a mantenere l’albergo di famiglia, a cui sono affettivamente molto legata”.


Per Consulta Giovani Cadore Elena Quariglio

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